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I recuperi termici e la cogenerazione a biomasse: due strumenti per un rilancio dell’industria italiana

A cura di Marco Carta e Stefano Clerici

Una risposta concreta alla crisi delle eccellenze manifatturiere italiane potrebbe arrivare da un’altra eccellenza nazionale: l’efficienza energetica. Il comparto termo-elettro-meccanico nazionale ha infatti diversificato con successo in questo campo ed è diventato punto di riferimento per molte tecnologie volte al risparmio energetico in ambito industriale (e non solo).
Per questo motivo un lavoro congiunto del Centro Studi sull’Economia e il Management dell’Efficienza energetica (CESEF) e dell’Osservatorio Internazionale sull’Industria e la Finanza delle Rinnovabili (OIR) ha misurato i benefici per il sistema industriale italiano di due tecnologie per l’efficienza energetica che vede l’Italia in prima fila a livello internazionale:
1)      I recuperi del calore dei processi industriali attraverso moduli ORC nei settori Cemento, Acciaio e Vetro
2)      La CAR a biomasse con impianti a biogas e moduli ORC nei settori Agricolo e Zootecnico, Agroindustriale e Forestale
 

I benefici dei recuperi termici

Attraverso l’utilizzo di cicli ORC è possibile utilizzare il cascame dai fumi dei processi industriali per la produzione di energia elettrica e termica. Come detto, lo studio si è concentrato sui settori dell’acciaio, del cemento e del vetro. In questi tre settori, il potenziale installabile, e di conseguenza l’energia producibile, è elevato: rispettivamente 230 MW e oltre 1 TWh (circa il 2% dei consumi elettrici dell’industria manifatturiera di base).

Figura – Energia producibile dai impianti a recupero di calore e da impianti cogenerativi

Grafico art cogenerazione

Per produrre questa non trascurabile quantità di energia sono necessari incentivi complessivi per 128 mln € nel periodo 2013-2030. A fronte di questa spesa tutto sommato non particolarmente elevata, i benefici per il Sistema Paese ammontano 2,5 mld €. Grazie ai recuperi di calore:

  • La bolletta energetica per i tre comparti si ridurrebbe di 33 mln € l’anno
  • Si svilupperebbe una industria nazionale in grado di generare al 2030 un giro di affari complessivo pari a 400 mln € in Italia e 1,7 mld € all’estero
  • Si creerebbero almeno 350 nuovi occupati a tempo pieno

 

Il caso dell’industria del cemento

La produzione di cemento è un processo estremamente energy-intensive. Dal calore di processo sviluppato dalla sua produzione è recuperabile energia pari a 423 GWh. Gli impianti ORC a recupero di calore possono avere un impatto significativo in termine di riduzione dei consumi elettrici. Lo studio OIR calcola che mediamente una centrale di questo tipo consente risparmi nell’ordine del 12%. Se consideriamo che, in Italia, l’elettricità pesa per circa il 13% sul totale dei costi di produzione delle cementerie, l’impatto è rilevante.
 
 

Il caso dell’industria dell’acciaio

Nella produzione di acciaio è possibile recuperare l’energia generata dai forni ad arco elettrico in una quantità che consente di produrre 572 GWh di elettricità a livello nazionale.
 
 

Vetro

Nell’industria del vetro piano e cavo, l’energia producibile è minore rispetto a cemento e acciaio, ma comunque rilevante, raggiungendo 147 GWh. Nel vetro, l’elettricità rappresenta mediamente ben il 21% dei costi totali aziendali e, attraverso l’installazione di moduli ORC, è possibile ridurre i consumi di un range che va dal 7% al 10%.
Esistono tuttavia alcune criticità che potrebbero ostacolarne lo sviluppo. In primo luogo lo stato di crisi delle industrie italiane che, spesso, non dispongono delle risorse finanziarie per realizzare questi interventi. Su questo fronte, purtroppo, il mondo finanziario non aiuta: mancano, infatti, strumenti dedicati così come non ci sono meccanismi di garanzie pubbliche. Non va trascurato anche l’aspetto “culturale”, ovvero la scarsa conoscenza dei temi dell’efficienza energetica presso il mondo produttivo. Infine, le proposte regolamentari che intendono addebitare gli oneri di rete anche all’energia elettrica autoprodotta. Tale costo addizionale può ritardare i tempi di ritorno sull’investimento fino a due anni, portandolo da una media di 6 anni a 8 anni compromettendo lo sviluppo di questa tecnologia.
 
 

I benefici della cogenerazione a biomasse

Per quanto riguarda la cogenerazione a biomasse abbiamo preso in considerazione le tecnologie più diffuse sulla base dei combustibili adottati, ovvero i motori a combustione interna (ICE) per la produzione di energia da biogas agricolo e zootecnico e i cicli ORC (Organic Rankine Cycle) per la produzione di energia da scarti agroindustriali e forestali.
Il potenziale installabile complessivo al 2030 è significativo: circa 3.260 MW per una produzione a regime di oltre 26 TWh/anno (Fonti CRPA-CIB e Itabia).
Lo sfruttamento dei potenziali descritti per la produzione congiunta di elettricità (8.000 heq) e calore (3.500 heq), a fronte di investimenti per circa 18,5 miliardi di € potrebbe generare, a vantaggio della collettività, un beneficio netto di 5,8 miliardi di € sull’orizzonte temporale 2013-2030 (Figura 9). Tale valore emerge dal confronto tra un costo complessivo di circa 29,9 miliardi di € per incentivi e da benefici complessivi per 35,7 miliardi di € derivanti soprattutto da:

  • Riduzione delle importazioni di gas per oltre 62 miliardi di m3 che comporta una bolletta energetica più leggera di 15,6 miliardi di €
  • Riduzione delle emissioni di CO2 per oltre 97 miliardi di tonnellate
  • Generazione di circa 36.000 posti di lavoro
  • Incremento del giro d’affari delle imprese italiane per circa 7,6 miliardi di €

La realizzazione di impianti di cogenerazione per l’impiego energetico dei sottoprodotti agricoli e zootecnici e per i residui agroindustriali può procurare alle imprese del settore significativi benefici in termini di aumento dei fatturati. In una fase congiunturale negativa, i margini di queste aziende sono in generale ridotti, quando non nulli o negativi. Dall’analisi di alcuni casi emerge che la vendita di energia rappresenta 11%-17% del fatturato delle aziende agro-zootecniche e il 0,3%-5% di quello delle aziende agroindustriali.
Per quanto riguarda il settore forestale, la cogenerazione ha indubbi vantaggi in quelle aree montane tipicamente a fallimento di mercato ove l’approvvigionamento energetico può risultare più oneroso e complesso. La realizzazione di un sistema chiuso e su filiera corta di produzione congiunta di elettricità e calore attraverso lo sfruttamento del legname proveniente dalla manutenzione dei boschi genererebbe indubbi benefici ovviando il problema degli elevati costi del combustibile e di un non pieno sfruttamento del calore.
Anche per quanto riguarda la cogenerazione esistono alcune problematiche che si accompagnano al loro sviluppo e che ne rallentano la crescita. Le basse o negative marginalità delle imprese dei settori considerati non sempre permettono elevati investimenti. La cessione del calore è chiave per avere ritorni sull’investimento in tempi ragionevoli e questo può avvenire solo in presenza di industrie energivore o di reti di teleriscaldamento. Inoltre, il pieno sfruttamento dei potenziali stimati richiede impianti di piccolissima taglia meno efficienti ed economicamente sostenibili. Infine tali tecnologie sono supportate da incentivi, che spesso vanificano i risparmi ottenuti dal minor import di gas. Ciò solleva dubbi sulla loro sostenibilità e su ciò che potrebbe accadere qualora i sostegni vengano tagliati.
 
 

Alcune proposte per sostenere gli investimenti

Allo scopo di dare impulso allo sviluppo delle tecnologie qui descritte e quindi permettere al Paese di incamerare i benefici che queste potrebbero generare, abbiamo elaborato una serie di proposte.
Per quanto riguarda gli aspetti finanziari le proposte possibili direttrici sono:

  1. Le Utility/ESCO si facciano carico del costo di investimento diventando proprietarie dell’impianto;
  2. In alternativa l’industria si fa carico dell’investimento ma con garanzie pubbliche, in modo da superare il plafond di finanziamento;
  3. La Cassa Depositi e Prestiti potrebbe giocare un ruolo importante sostenendo gli investimenti nel settore o come garante.
  4. Occorre un maggiore coinvolgimento dei capitali privati, creando le condizioni normative e regolatorie adeguate ad attrarre tali investitori
  5. Si può anche ipotizzare un ruolo delle Regioni nel finanziamento e/nella erogazione delle garanzie.

Invece con riferimento alle Policy e agli aspetti di Comunicazione proponiamo:

  1. L’aumento dei coefficienti o della durata dei TEE? (es. coefficienti più alti ma con minor durata)
  2. L’aumento della taglia degli impianti “fuori registro” da 100-200 kW a 300 kW
  3. L’implementazione di una nuova e più efficace politica di lobby, che non sia una mera rivendicazione ma una più articolata e documentata spiegazione degli effetti delle varie politiche sul sistema Paese
  4. L’adozione di un sistema premiante che leghi gli sconti A3 alle EII a interventi di efficienza energetica (punto b DM 5 aprile 2013)
  5. Politiche di comunicazione indirizzate a diffondere la conoscenza presso interlocutori qualificati: legislatore, regolatore, soggetti finanziatori pubblici e privati, industrie, utility ed ESCO.

 

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