Comunicato Stampa – I Costi del Non Fare 2014
Roma, 2/12/2014
Osservatorio I Costi del Non Fare
Comunicato stampa
Oltre 800 miliardi i Costi del Non Fare le infrastrutture prioritarie in Italia nei prossimi 17 anni.
Un fabbisogno di opere più contenuto ma singoli interventi sempre più importanti (rinnovabili, BUL, ecc.).
Intervenire sull’esistente genera elevati benefici a costi unitari più contenuti.
Per evitare i CNF occorrono almeno 185 mld di € di investimenti (circa 11 mld di €/anno).
Come trovare i capitali? Progetti di qualità, PPP, Project Bond e nuovi investitori (assicurazioni e fondi pensione).
57.000 mld di $: il mercato globale delle infrastrutture
è un’occasione imperdibile per le imprese italiane.
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Martedì 2 dicembre 2014, a Roma, presso l’Auditorium via Veneto di Fintecna in via Veneto 89, si è tenuto il convegno dal titolo:
“Le nuove frontiere dello sviluppo infrastrutturale. Innovazione tecnologica e opportunità internazionali”
durante il quale sono stati presentati i risultati dello Studio 2014, il rapporto annuale dell’Osservatorio “I Costi del Non Fare” (www.costidelnonfare.it), diretto dal Prof. Andrea Gilardoni dell’Università Bocconi, giunto alla nona edizione.
Lo Studio, accanto alla consueta identificazione delle priorità infrastrutturali del Paese e al calcolo dei costi che gravano sulla collettività per la loro mancata/ritardata realizzazione, estende l’analisi al miglioramento delle performance delle infrastrutture esistenti, alle opportunità di investimento per le imprese italiane nel mercato globale delle infrastrutture e ai modelli più innovativi ed efficaci per il finanziamento delle opere.
I dati salienti del 9° Rapporto sono:
- La mancata realizzazione delle opere prioritarie in Italia, nel periodo 2014-2030, potrebbe generare oltre 800 miliardi di € di CNF.
- 124 miliardi di € nei settori ambiente ed energia, 260 miliardi di € nei trasporti e logistica e 425 miliardi di € nelle tlc.
- Nell’energia, non realizzare 24.000 MW di impianti di generazione, 5.430 km di reti di trasmissione, 162 stazioni elettriche e di un rigassificatore da 8 G(m3) potrebbe generare CNF per quasi 70 miliardi di €.
- La mancata realizzazione di circa 28 impianti di termovalorizzazione costerebbe al Paese oltre 4 miliardi di € in 17 anni.
- 1.300 km di nuove autostrade e ampliamenti per evitare costi di oltre 84 miliardi di €.
- Le sfide del settore delle ferrovie: linee ad Alta Velocità e convenzionali per velocizzare il Paese, facilitare i collegamenti, offrire maggiore qualità del servizio di trasporto e favorire il trasferimento modale delle merci.
- 72 miliardi di € di costi della logistica senza l’utilizzo efficiente degli interporti e il rilancio della competitività dei porti.
- Un adeguato piano di interventi prioritari per garantire la qualità e l’efficienza della risorsa e del servizio idrico. Tali interventi eviterebbero costi pari a 49 miliardi di €.
- Banda Ultralarga prioritaria per il Paese: 425 miliardi di potenziali benefici.
- Il mancato miglioramento delle performance delle infrastrutture mediante interventi di ammodernamento, efficientamento e upgrade tecnologico dell’esistente genera CNF pari a circa 18,5 miliardi di € al 2030.
- Mercato globale delle infrastrutture: importanti scenari per le imprese italiane che devono guardare ai mercati internazionali per reperire risorse e sfruttare nuove opportunità di crescita.
- Necessario favorire il PPP e il ricorso ai Project Bond. I nuovi soggetti – assicurazione, fondi pensione, fondi sovrani, fondi infrastrutturali e di private equity – avranno un ruolo determinante nel finanziare le infrastrutture nei prossimi anni.
La presentazione dello Studio è stata un’occasione per dibattere con i vertici delle aziende partner e dei principali operatori dei settori analizzati. All’evento sono intervenuti: Alberto Irace (Acea), Massimo Bruno (Enel), Giovanni Valotti (Federutility), Barbara Morgante (Ferrovie dello Stato Italiane), Stefano Venier (Hera), Marco Patuano (Telecom Italia), Matteo Del Fante (Terna).
Nel corso del workshop Franco Bassanini e Pietro Salini hanno consegnato il Premio Sviluppo Infrastrutture 2014, della rivista MUI, a Carlo Malacarne, per la gestione della delicata separazione ENI-SNAM in una prospettiva di connessione delle reti gas europee, e il riconoscimento speciale a Vainer Marchesini (WAM) per la ricostruzione post-terremoto del 2012.
Prima della tavola rotonda conclusiva, vi è stato un breve intervento dell’On. Cristina Bargero, coordinatrice dell’Intergruppo Parlamentare I Costi del Non Fare.
Infine, hanno partecipato alla seconda tavola rotonda dal titolo “Opportunità di sviluppo nel mercato globale delle infrastrutture”: Luigi De Pierris (African Development Bank), Franco Bassanini (Cassa Depositi e Prestiti), Ernesto Ferlenghi (Esperto mercato energetico russo), Francesco Rossi Ferrini (J.P. Morgan), Pietro Salini (Salini-Impregilo), Carlo Malacarne (Snam).
Dopo i saluti iniziali del Prof. Andrea Gilardoni (Presidente dell’Osservatorio) e della Dott.ssa Barbara Morgante di Ferrovie dello Stato Italiane, il dott. Stefano Clerici, (Direttore dell’Osservatorio), ha riassunto gli aspetti salienti dello Studio: “Lo Studio 2014 apre un nuovo ciclo di analisi che, accanto alla consueta identificazione delle priorità infrastrutturali del Paese e al calcolo dei costi del non fare, focalizza l’attenzione sul miglioramento delle performance delle infrastrutture esistenti, sulle opportunità di investimento nel mercato globale delle infrastrutture e sui modelli innovativi per il finanziamento delle opere”.
Uno dei messaggi chiave che emerge dalle diverse tematiche del lavoro è l’individuazione di opere davvero prioritarie sia per le realizzazioni che hanno aumentato la dotazione infrastrutturale del Paese già non modesta sia perché la crisi economica e alcune modifiche nei modelli di comportamento hanno obiettivamente ridotto i fabbisogni in generale (ad esempio: rifiuti, mobilità o energia).
“Inoltre – afferma Gilardoni – l’accresciuta consapevolezza della dotazione infrastrutturale del Paese, unita alla riduzione delle risorse disponibili, enfatizza il bisogno di intervenire sullo stock di opere esistente con interventi di manutenzione, ammodernamento e upgrade tecnologico. Tali interventi permettono di migliorare la qualità dei servizi erogati ai cittadini e di ridurre gli impatti delle opere sul territorio e sull’ambiente”.
Dall’analisi delle tendenze internazionali nel settore delle opere pubbliche e di pubblica utilità è emerso un mercato con ampi potenziali di crescita negli anni a venire. Ciò si traduce sia in opportunità di business per le società operanti in tale settore, quali società concessionarie e costruttori, ma anche in una nuova asset class con interessanti rendimenti per gli investitori. “Obiettivo dell’Osservatorio – continua Gilardoni – sarà nei prossimi anni quello di tenere un occhio puntato verso tali opportunità, monitorando i settori e i Paesi in cui tale potenziale si concretizza in modelli adatti al coinvolgimento di capitali privati”.
Nel corso del dibattito sono emersi numerosi spunti interessanti per lo sviluppo infrastrutturale e per favorire gli investimenti nel mercato globale delle infrastrutture.
Dalla prima tavola rotonda “Nuove tecnologie e nuove norme per le infrastrutture del futuro” emergono i seguenti messaggi chiave:
- Necessità per le imprese di utilizzare pienamente le tecnologie disponibili e trarne vantaggio, essendo capaci di diminuire i costi operativi e di investimento delle infrastrutture ad esse collegate e di usare meglio quelle a disposizione.
- Potenziare ed innovare le reti elettriche anche attraverso la collaborazione delle diverse tipologie di aziende (elettriche, ICT, ecc..).
- Maggiori connessioni della rete elettrica con l’estero in un’ottica di maggiore indipendenza energetica.
- A livello normativo diventa necessaria la diminuzione/eliminazione della burocrazia, il miglioramento delle procedure autorizzative e l’abbattimento dell’overdesign
- Investimenti prioritari nel settore rifiuti e nell’idrico data la disomogeneità territoriale dei servizi di smaltimento dei rifiuti e di depurazione e l’opportunità dei rifiuti come risorsa energetica.
- Costruire le infrastrutture favorendo l’integrazione di reti e servizi.
- Avere il coraggio di definire nuovi standard ( ad es. standard di qualità) e rafforzare i sistemi di incentivazione.
- Necessità di imprese affidabili e di garanzia di ritorno sugli investimenti attraverso la certezza dei tempi di realizzazione delle opere e dell’assegnazione delle risorse.
- Puntare alla collaborazione tra pubblico e privato per il finanziamento delle infrastrutture nel settore delle tlc, in particolare modo nelle aree a fallimento di mercato.
- Condizioni necessarie per garantire gli investimenti: set normativo chiaro e stabile e stimoli fiscali e finanziari.
Dall’ultima tavola rotonda “Opportunità di sviluppo nel mercato globale delle infrastrutture”, ciò che emerge è:
- Esistono grandi opportunità di investimenti infrastrutturali per le aziende italiane all’estero. Esempio rilevante è il mercato russo (ad es. costruzione di stadi per i mondiali 2018, ferrovie ad alta velocità, autostrade, porti, aeroporti, gasdotti e reti in alta tensione).
- Le banche di sviluppo devono indirizzare i processi, catalizzare i flussi di investimento, migliorare le garanzie e utilizzare in modo intelligente gli strumenti finanziari.
- Il mercato italiano deve fungere da vetrina a livello internazionale per mostrare le proprie capacità e potenzialità nella realizzazione delle infrastrutture.
- Necessario tornare ai livelli di investimenti pre crisi (+ 40%) utilizzando strumenti di garanzia dello Stato per attrarre finanziamenti bancari e di investitori istituzionali. A tal fine i fondi derivanti dal piano Junker possono rappresentare una buona occasione.
- La strategia di internazionalizzazione deve essere una scelta politica condivisa intervenendo in maniera sistematica in Paesi target prestabiliti.
- In business capital intensive, come quello delle infrastrutture, la finanza ha necessità di accompagnare l’azienda nella migliore valutazione delle opportunità. In particolare, nelle operazioni estere è necessario valutare quali siano le caratteristiche dei potenziali investimenti sia dal punto di vista delle opportunità di sviluppo sia della diversificazione dei rischi regolatorio e Paese.
- Gli investimenti in asset alternativi (tra cui quelli infrastrutturali) sono in continua crescita (dall’1% di oggi al 4% in futuro). Per far ciò gli investitori istituzionali necessitano di un quadro regolatorio stabile.
I risultati dello Studio 2014
Stefano Clerici ha illustrato i risultati dello Studio 2014. “Abbiamo misurato i costi che la mancata realizzazione di infrastrutture strategiche prioritarie potrebbe comportare dal punto di vista non solo economico, ma anche sociale e ambientale, nei prossimi 17 anni, a danno di tutto il sistema Paese. Dalla nostra analisi emerge che 808 miliardi di € sono i Costi del Non Fare (CNF) nel periodo 2014-2030. “Le Policy di settore per l’individuazione dei fabbisogni – aggiunge Clerici – sono state riviste per tenere conto delle nuove priorità sulla base di normative vigenti e di programmi e documenti nazionali ed europei”.
Il CNF di sistema è dato dalla somma dei CNF dei singoli settori considerati. Il settore energia (elettricità e gas) evidenzia un CNF di 69,3 miliardi di €, quello dei rifiuti (termovalorizzatori) di oltre 4 miliardi di €. Il CNF del settore autostrade è stimato in 74,7 miliardi di € mentre quello ferroviario (ferrovie AV/AC e convenzionali) è di circa 114 miliardi di €. La logistica (porti e interporti) ha un CNF di 72 miliardi di €. Infine, idrico (acquedotti e depuratori) e telecomunicazioni (reti BUL) mostrano rispettivamente CNF di 49 e 425 miliardi di € (Figura 1).
Al fine di evitare costi del non fare così ingenti, è necessario che gli investimenti siano concentrati in opere e interventi davvero prioritari: maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, potenziamento della rete di trasmissione, adeguata capacità di rigassificazione, sufficiente capacità di termovalorizzatori per uno smaltimento efficiente dei rifiuti, sviluppo delle infrastrutture logistiche e di trasporto per un efficiente e rapido spostamento di persone e merci, qualità e modernizzazione delle reti idriche e degli impianti di depurazione, diffusione delle reti a Banda Ultralarga con relativo miglioramento dei servizi ad esse connessi.
Figura 1 – Fabbisogni infrastrutturali e Costi del Non Fare (2014-2030)
Il miglioramento delle performance
Analizzando gli interventi di ammodernamento, efficientamento e upgrade tecnologico dell’esistente, sono stati stimati i CNF legati al mancato miglioramento delle performance delle infrastrutture. Questi interventi assumono importanza strategica in un contesto di risorse scarse – quale l’attuale – e di diminuzione della domanda di determinati servizi a causa del difficile contesto economico. Dall’analisi di alcuni casi emerge che con investimenti relativamente contenuti, è possibile ottenere anche ottimi ritorni in termini di razionalizzazione e ottimizzazione, evitando di ricorrere ad interventi infrastrutturali pesanti e costosi.
A livello complessivo, i casi analizzati – Smart Grid, Smart Meter del gas, rimozione delle limitazioni di rete elettrica, efficientamento energetico della PA, produzione di biometano da FORSU, velocizzazione e upgrading delle reti ferroviarie – generano un CNF di quasi 18,5 miliardi di € (Figura 2) che deriva da circa 44 miliardi di € di benefici e 25 miliardi di € di costi. Tale risultato è dato dalla somma dei CNF complessivi dei casi estesi a livello nazionale.
Figura 2 – I CNF complessivi di infrastrutture intelligenti e ammodernamenti (2014-2030)
Il mercato globale delle infrastrutture
Integrando la prospettiva nazionale con una globale, emerge come il fabbisogno di investimenti infrastrutturali al 2030 sia enorme: 57.000 miliardi di $. Ciò rappresenta un’opportunità imperdibile per le imprese italiane del settore che devono fare i conti con un mercato interno stagnante. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (su tutti Indonesia, Pakistan, Vietnam e Thailandia), dove il processo di urbanizzazione e l’alto tasso di natalità generano elevati fabbisogni, ma anche nelle aree maggiormente industrializzate (Russia, Stati Uniti, Canada, ecc.). Guardando ai settori, quelli con la più elevata domanda potenziale sono strade e ferrovie, energia, idrico e telecomunicazioni.
Già oggi le opportunità sono ampie, sia per le imprese che per gli investitori. Ciò grazie ad un elevato numero di progetti che nel 2014 sono in fase di pianificazione o gara (progetti “greenfield”), ma anche ad un interessante mercato “brownfiled” (acquisizione o rifinanziamenti di asset esistenti). Dall’analisi di oltre 600 progetti in PPP, soprattutto ferrovie, strade e autostrade, emerge che i paesi più attivi sono Stati Uniti, Canada, Brasile, India, Australia e Filippine.
In Italia il fabbisogno di investimenti per le opere prioritarie da noi individuate al 2030 è di almeno 185 miliardi di €. Esso è una stima parziale che fa riferimento alle opere da noi considerate nello Studio e non costituisce, quindi, una stima del fabbisogno finanziario complessivo dei diversi settori.
Riguardo i finanziamenti, è importante ricorrere a modelli come quello del PPP e a strumenti finanziari, quali i project bond, che, se utilizzati in maniera adeguata, permettono un efficace coinvolgimento di capitali privati grazie ad una maggiore ripartizione dei rischi.
Il ruolo dei diversi attori del mercato finanziario, infine, si sta modificando in modo significativo grazie soprattutto all’entrata di nuovi soggetti – quali le compagnie di assicurazione, i fondi pensione, i fondi sovrani e i fondi di private equity – e il rafforzamento della presenza di banche di sviluppo e fondi infrastrutturali.
In conclusione, lo sviluppo infrastrutturale del Paese e la crescita delle imprese del settore devono essere supportati, a nostro giudizio, da una serie di Policy di seguito riassunte:
– Selezionare rigorosamente le priorità infrastrutturali, investendo in quelle che generano i maggiori ritorni in termini economici, ambientali e sociali;
– Privilegiare gli interventi di miglioramento delle infrastrutture esistenti come ammodernamenti, manutenzioni straordinarie, upgrade tecnologici e, ove possibile, anche le de-infrastrutturazioni;
– Favorire gli interventi innovativi rimuovendo gli ostacoli normativi e regolatori e incentivando le soluzioni tecnologiche in prospettiva più sostenibili e con le più significative ricadute sull’industria nazionale;
– Riformare il codice degli appalti razionalizzando i processi autorizzativi e realizzativi definendo iter standardizzati e chiaramente strutturati che non lascino spazi alla reiterazione delle decisioni;
– Aumentare il consenso delle popolazioni, sviluppando strumenti di maggiore coinvolgimento nella fase di pianificazione (dibattito pubblico) per comprenderne le necessità;
– Supportare politicamente e finanziariamente l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese per la partecipazione a progetti infrastrutturali;
– Favorire la nascita di un mercato stabile e continuativo del PPP per favorire l’afflusso di capitali privati anche internazionali;
– Sviluppare strumenti di finanziamento standardizzati (bond o altro) per attrarre i capitali di assicurazioni e fondi pensione.