L’impatto della leva finanziaria nel settore idrico su investimenti, spesa degli utenti e risultati del gestore. Una simulazione
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La crisi della finanza pubblica degli anni ’90 ha determinato un rallentamento degli interventi infrastrutturali nel comparto idrico che si è protratto fino all’avvio della nuova regolazione economica del servizio idrico integrato (SII) iniziata nel 2012 con l’Autorità di Regolazione (ARERA). L’ARERA, al fine di favorire gli investimenti, è intervenuta con la definizione di una regolazione stabile e coerente, volta a ridurre il rischio regolatorio e facilitare l’accesso al debito, nonché con una struttura di finanziamento standard, attraverso la regolazione tariffaria, orientata a massimizzare la leva finanziaria dei gestori. I dati del settore del 2018 rilevano, però, secondo gli autori, da un lato, che il livello degli investimenti non ha ancora soddisfatto il fabbisogno necessario per completare e rinnovare l’infrastruttura idrica del Paese, dall’altro, che la leva finanziaria dei gestori è ferma a 0,51 seppure la struttura finanziaria standard riconosciuta dall’ARERA la fissa a un valore doppio di quello registrato. Una lettura sommaria di tali dati porterebbe a sostenere che il ritardo negli investimenti è causato dall’inadeguato indebitamento dei gestori rispetto al potenziale finanziario offerto dal regolatore. Tuttavia, i gestori non hanno interesse a contenere il livello di indebitamento finalizzato all’investimento almeno finché lo spread tra il rendimento del capitale investito riconosciuto in tariffa e il costo del debito effettivo dei gestori sia positivo, con possibilità, quindi, di realizzare una maggiore redditività per gli azionisti. I motivi alla base del ritardo negli investimenti sono da ricercare in fattori di natura sistemica, quali la difficoltà di autorizzare e appaltare la realizzazione delle opere, le difficoltà organizzative e manageriali per scalare la quantità di investimenti realizzabili nelle gestioni non aventi carattere industriale, il limitato accesso al debito causato, presumibilmente, dalla ancora insufficiente credibilità del settore. Va poi superato il tradizionale approccio che, pure in carenza di risorse pubbliche, è contrario a far gravare gli investimenti idrici sulla bolletta dei cittadini, seppure questa condizione è prassi nel resto dell’Europa.
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